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Accoglimento di domanda di risoluzione del contratto di compravendita di un autoveicolo proposta con Ricorso ai sensi dell'art. 702 bis c.p.c.

 

Lo studio legale AVVISATI FARAONE MENNELLA (di seguito indicato come “AFM”) tiene a segnalare la Ordinanza resa ai sensi dell’art. 702 bis c.p.c. dal Giudice Monocratico del Tribunale di Napoli – XII Sez. Civile –  in un procedimento incardinato con il cd. ”rito sommario”  avente ad oggetto la domanda di risoluzione  del contratto di compravendita di un autoveicolo per vizi dello stesso tali da renderlo inidonei all’uso per il quale era stato acquistato.

Tale ordinanza sta infatti a dimostrare come il ricorso alla procedura sommaria, forse un po’ troppo “demonizzata” dagli stessi operatori del diritto, azionata dai professionisti dello Studio Legale anche sulla scorta di documentazione di rilievo probatorio già precostituita, come meglio si esplicherà in prosieguo, possa rivelarsi, in certi casi, auspicabile, anche e soprattutto nell’ottica di riduzione dei tempi di risposta della giustizia alle legittime aspettative dei cittadini.

L’azione intrapresa dallo studio legale AFM per una società propria assistita, vedeva, come anticipato, quale oggetto della domanda, la declatoria di risoluzione del contratto di compravendita di un autoveicolo uso autocarro che, sin da poco tempo dopo l’acquisto, aveva evidenziato difetti tali da renderlo inidoneo all’uso per il quale l’acquirente si era indotto a contrarre, con conseguente richiesta di restituzione della somma interamente pagata come prezzo, oltre al risarcimento dei danni.

Occorre premettere, al fine di comprendere la consapevolezza della validità della procedura sommaria scelta dallo Studio Legale, che prima della suddetta azione era stato proposto, nell’interesse dell’assistita, presso lo stesso Tribunale di Napoli, ricorso per accertamento tecnico preventivo ex art.696 e 696 bis c.p.c. nei confronti della concessionaria venditrice del veicolo.

Il consulente incaricato, dopo diversi accessi peritali e prove tecniche, anche su strada, al fine di riscontrare e verificare le cause dei difetti lamentati dall’acquirente (sempre segnalati alla venditrice che aveva effettuato anche interventi non risoltivi di tutti i problemi ), accertava (come evidenziato poi dal Giudice adito e, altresì, posto alla base anche della motivazione dell’accoglimento della domanda di risoluzione nel proprio provvedimento) l’esistenza di vari vizi e difetti del veicolo, alcuni eliminabili attraverso interventi di riparazione e sostituzione, ed altri viceversa non risolvibili in quanto derivanti da difetti di progettazione.

Il consulente incaricato aveva anche invitato le parti a trovare una soluzione transattiva della controversia, al quale invito lo Studio Legale AFM, procuratore della ricorrente, si era dichiarato ampiamente disponibile: ma visto il mancato raggiungimento di un accordo, il consulente aveva depositato il proprio elaborato con le conclusioni prima indicate.

Pertanto, viste le risultanze chiare ed inequivocabili dell’ATP, lo Studio Legale riteneva di procedere, sussistendo i presupposti richiesti dal legislatore della riforma, secondo il rito ex art. 702 bis c.p.c.: era depositato ricorso con richiesta di fissazione di udienza, convenendosi in giudizio la concessionaria venditrice dell’autoveicolo e chiedendo, in via istruttoria, l’acquisizione del fascicolo d’ufficio relativo all’espletata ATP, depositando già in atti la relazione di consulenza, e solo in subordine conferirsi incarico CTU.

Notificato ritualmente il ricorso, la concessionaria resistente si costituiva, mediante deposito nei termini previsti di propria comparsa di costituzione, eccependo, in via preliminare, la prescrizione dell’azione, chiedendo al contempo di essere autorizzata a chiamare in causa  la società importatrice e fornitore del veicolo ”de quo” al fine di essere da questa manlevata da ogni eventuale pregiudizievole conseguenza del giudizio, e comunque concludendo per il rigetto della domanda.

Il Giudice autorizzava, con ordinanza pronunciata fuori udienza, comunicata alla parte ricorrente, la chiamata in garanzia, differendo la prima udienza ad altra successiva, con concessione di termini perentori per l’adempimento di quanto richiesto dalla resistente.

All’udienza così fissata (che si teneva, sostanzialmente, a circa 10 mesi di distanza dalla proposizione del ricorso), instauratosi il contraddittorio con la presenza di tutte le parti, compresa la terza chiamata che eccepiva di non aver preso parte al giudizio per accertamento tecnico preventivo e che quindi gli esiti dello stesso non potevano esserle estesi, ed insisteva per il rigetto della domanda, eccependo,tra l’altro che l’autoveicolo “de quo”,dalla contestazione dei difetti alla data di proposizione del ricorso ex art. 702 c.p.c. avesse percorso tantissimi chilometri come attestato dai tagliandi a cui si era sottoposto il veicolo stesso presso le officine convenzionate.   Il Giudice adito, vista comunque la non contestazione, ad opera delle controparti, della produzione, da parte ricorrente, della relazione di consulenza resa nel  ricorso per ATP, riteneva superfluo procedere all’acquisizione del fascicolo d’ufficio inerente lo stesso procedimento.

Soprattutto, l’ill.mo sig. Giudice adito, dando in tal modo pieno riscontro al significato della “sommarietà” del rito prescelto, in considerazione anche della produzione documentale “probatoria” versata in atti dalla società ricorrente, dopo essersi riservato in sede di prima udienza, (con concessione di termine per note alle parti) sulle richieste delle società contendenti, tra cui vi era quella di entrambe le resistenti, principale e chiamata in garanzia, di rinviare la causa ai sensi dell’art. 183 c.p.c. in quanto “le questioni poste dalle parti richiedono una istruzione “non sommaria”, diversamente riteneva la causa matura per la decisone e pronunciava direttamente, a scioglimento di riserva, l’Ordinanza “de quo vertitur”.  

Ed infatti, lo Studio Legale AFM, nell’interesse della società ricorrente proprio assistita, depositava, nei termini all’uopo concessi, memoria articolata con la quale, riportandosi alle proprie istanze e allegazioni documentali, specificatamente, alla relazione di consulenza tecnica espletata, controbatteva punto per punto le istanze delle controparti, insistendo per l’accoglimento di tutte le proprie domande e per il rigetto di ogni avverso e chiedendo, in subordine e solo per mero scrupolo difensivo, la rimessione della causa sul ruolo per prosieguo attività istruttoria con nomina di consulente tecnico d’ufficio.

L’ill.mo sig. Giudice adito, invece, come detto, con motivazione precisa e puntuale, rilevata “la legittimazione processuale di tutte le parti in causa”, e che l’acquirente invocava “la garanzia legale per vizi della cosa e non la garanzia del buon funzionamento” e, soprattutto “rilevato che l’ATP disposto da questo Tribunale su ricorso (dell’acquirente istante) ha accertato senza dubbi o incertezze l’esistenza di vari vizi e difetti del veicolo, alcuni dei quali eliminabili attraverso interventi di riparazione e sostituzione, ed altri viceversa non risolvibili poiché scaturenti da difetti di progettazione”, rigettata la eccezione di prescrizione, anche ai sensi dell’art.1495 c.c., sulla scorta della documentazione prodotta dal ricorrente che “ dimostra la tempestività della denunzia dei vizi atteso che varie volte la ricorrente ha chiesto alla venditrice la risoluzione delle problematiche, che numerosi interventi di riparazione sono stati eseguiti e che, a fronte del persistere dei problemi, con fax del  9.2.10 e raccomandata del 10.3.10 l’acquirente denunziava l’inidoneità del mezzo e ne chiedeva la sostituzione, il che, considerando che i più gravi difetti, per le loro stesse caratteristiche intrinseche evidenziate dalla perizia tecnica, si sono certamente palesati solo dopo un certo tempo di utilizzo consente di affermare la tempestività della denunzia degli stessi…………””………….e comunque dovendo rilevarsi che anche il ricorso per accertamento tecnico preventivo ex art.696 bis c.p.c è stato proposto e notificato alla controparte prima del decorso del termine prescrizionale, ed al riguardo la consolidata giurisprudenza afferma che l’A.T.P. rientra nella categoria dei giudizi conservativi e la sua notificazione determina l’interruzione della prescrizione che si protrae fino alla conclusione del procedimento……….”, rilevato ancora “che le gravi problematiche riscontrate dal c.t.u. hanno assunto carattere di gravità solo col trascorrere del tempo e l’aumento del chilometraggio percorso, ragion per cui, nel riconoscere la risoluzione del contratto ex art.1492 c.c. non può non considerarsi da un lato l’utilità tratta dall’acquirente, dimostrata dal chilometraggio comunque percorso, e dall’altro la diminuzione del valore del bene che il venditore si trova a riottenere, per cui la somma pagata per la compravendita di cui si dichiara la risoluzione (€20.000,00), che l’acquirente ha diritto ad ottenere in restituzione, va equitativamente decurtata nella misura del 15%..........”, visti gli artt. 702 bis  e 702 ter c.p.c., ha pronunciato ordinanza con la quale, in sostanziale accoglimento della domanda introduttiva: 1) ha dichiarato risolto il contratto di compravendita del veicolo stipulato tra la società ricorrente e la concessionaria venditrice, condannando quest’ultima alla restituzione in favore dell’acquirente della somma di €17.000,00 oltre interessi legali a far data dalla notifica del ricorso fino al soddisfo, subordinando tale pagamento alla restituzione del veicolo ed alla prestazione del consenso al suo trasferimento in proprietà in favore della stessa concessionaria venditrice, condannata altresì ad eseguire il trasferimento a sua cura e spese; 2) ha accolto la domanda di rivalsa della concessionaria venditrice nei confronti della società importatrice e fornitore del veicolo, condannando quest’ultima a rifondere alla resistente quanto dovuto per effetto della condanna, subordinando ciò alla restituzione del veicolo ed alla prestazione del consenso al passaggio di proprietà da parte della resistente stessa;

3) ha condannato la concessionaria venditrice al pagamento delle spese processuali con distrazione in favore dei procuratori della ricorrente.

Il giudizio “de quo” si è concluso circa un anno dopo il deposito del ricorso introduttivo, per cui, il rito consapevolmente prescelto dai procuratori di parte ricorrente, dopo attento studio e riscontro dei più recenti orientamenti giurisprudenziali circa i presupposti di ammissibilità dello stesso, soprattutto laddove preceduto da procedimenti cautelari (si veda tra le tante, Sentenza del Tribunale di Verona del 09.08.2011 ” Se in via generale il rito sommario non è compatibile con quei giudizi che, anche se di natura esclusivamente documentale o comportanti un’attività istruttoria contenuta, implichino l’esame e la soluzione di questioni tecniche o giuridiche di una certa complessità, in quanto possono richiedere una trattazione non semplificata, per l’esigenza delle parti di svolgere e puntualizzare le proprie difese, sulla base di quelle della controparte, oppure perché lo stesso giudicante può avere la necessità di far chiarire alle parti i rispettivi assunti, lo stesso rito può essere ammesso qualora sia stato preceduto da procedimenti cautelari ove tali esigenze siano state appagate e non siano ravvisabili istanze difensive da soddisfare nei tempi e con le forme del giudizio di cognizione ordinario”) ed anche, è doveroso dirlo,  l’attenzione mostrata dal Giudicante, inseritosi certamente nel solco degli stessi orientamenti della giurisprudenza di merito, hanno consentito alla parte promotrice del giudizio di vedere soddisfatta la propria esigenza di giustizia in tempi certamente rispettosi del principio di ragionevolezza.  


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